mercoledì 7 marzo 2012

Silenzio: tendere l'orecchio per percepire qualcosa della voce del Padre

Tra le molte cose che si possono dire sulla maniera in cui è vissuta oggi la dimensione contemplativa dell’esistenza, viene in mente la disabitudine alla pratica della preghiera e alle pause contemplative. In questo la nostra civiltà occidentale si distingue nettamente dalle civiltà dell’Oriente, dove sono in onore la pratica e le tecniche contemplative e il gusto per la riflessione profonda.
Forse la gente prega e riflette più di quanto non sappia o non dica. Si tratta di aiutarla a dare un nome più preciso, un indirizzo più costante, a certe impennate del cuore che, più o meno intensamente, sono presenti nella storia di ognuno. L’esodo massiccio dalle città nei periodi di vacanza e nei fine settimana esprime in fondo anche questo desiderio di ritorno alle radici contemplative della vita.

giovedì 1 marzo 2012

Penetrare nel mistero del "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"

Tutto il racconto della passione è pieno di enigmi, di oscurità; è come un cielo in tempesta, con tuoni, lampi, fulmini che spaventano. Ma la parola per me più drammatica è quella che conclude il racconto evangelico, quando Gesù grida con vece forte: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34). Ogni volta che la risentiamo, siamo presi da un brivido, perché, tolta dal contesto, potrebbe sembrare l'invocazione di un disperato, di uno che ha perso la fede, che è stato travolto dalle vicende avverse.
Eppure è proprio ascoltando questa parola che il centurione esclama: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!". Ovviamente l'evangelista legge in quel grido di Gesù la fedeltà di Dio.