venerdì 25 ottobre 2013

L'assillo missionario del Cardinal Martini raccontato da lui stesso

San Paolo scrivendo ai Corinti parla di un “assillo quotidiano” che lo ha accompagnato lungo il suo ministero: “la preoccupazione per tutte le Chiese” (2Cor 11,28). La sollicitudo omnium ecclesiarum è una caratteristica dell’apostolo alla quale ciascun vescovo si sente chiamato, così da condividere con il Papa l’ansia dell’evangelizzazione e da saper ascoltare la voce dello Spirito che in ogni Chiesa suscita vocazioni e carismi per la missione e in particolare per la missione ad gentes.
Già l’appartenenza alla Compagnia di Gesù mi aveva fatto incontrare l’orizzonte missionario e molti miei compagni di studi furono inviati in regioni lontane; i racconti dei missionari gesuiti hanno nutrito gli anni della mia formazione e i primi tempi della mia appartenenza alla Congregazione; come ogni gesuita io stesso mi ero reso disponibile all’invio missionario se i Superiori me lo avessero richiesto (si trattava allora in particolare del Giappone).
Anche negli anni dell’insegnamento accademico al Pontifico Istituto Biblico avevo sperimentato che la Chiesa è “universale”: ho incontrato studenti di tutte le nazionalità e ho visto molti di loro nominati Vescovi nelle diocesi di origine; altri li ho ritrovati anni dopo impegnati nelle strutture formative delle giovani Chiese (Seminari, Centri pastorali, Facoltà teologiche, ecc.); altri ancora hanno portato il frutto della loro preparazione nel cuore di sfide durissime in situazioni di particolare violenza o povertà, come per esempio i gesuiti uccisi nel 1989 nell’Università dell’America Latina a San Salvador.
Durante il ministero episcopale a Milano ho avuto ancora più di prima la grazia di incontrare l’infinita ricchezza dei doni dello Spirito nell’ambito specifico della missio ad gentes. Le missionarie e i missionari nativi – preti, religiose e religiosi, laici – sono più di duemila (un numero pari a quelli dei preti diocesani), presenti in tutti i paesi del mondo. La maggior parte di essi vive con piena dedizione il servizio alle giovani Chiese, non raramente in situazioni estreme di povertà, di violenza, di guerra; alcuni invece sono costretti a riposo dall’avanzare dell’età o dalle malattie; altri infine svolgono temporaneamente una preziosa opera di animazione missionaria qui in Italia e vivono, con la soddisfazione per la crescente sensibilità verso i temi dell’evangelizzazione, anche la preoccupazione per il calo delle vocazioni, che colpisce pure gli istituti missionari e religiosi.
Con molti missionari e missionarie, anche non milanesi, ho potuto sviluppare un rapporto diretto grazie alla fittissima corrispondenza che ci siamo sempre scambiati. Talvolta si sono presentati con richieste di aiuto; ma nella maggior parte dei casi ciascuno mi proponeva, spesso a partire dalla lettura di qualche mio libro, una testimonianza personale circa la propria vocazione, il desiderio di fedeltà evangelica, il drammatico confronto con le miserie di tanti popoli, l’entusiasmo di stampo giovanile nel perseverare anche dopo anni di lavoro apostolico. Per la ricchezza della fede, per la passione evangelizzatrice e per la carità testimoniata in ogni angolo della terra, ho con tutti loro un debito di gratitudine e riconoscenza, che ogni anno ho cercato di esprimere nell’incontro con i missionari rientrati per le vacanze.