venerdì 21 febbraio 2014

BEATI I MITI

Beati i miti – Card. Carlo Maria Martini

Mi piace riportare l'opinione di un illustre esegeta, il padre 
Jac­ques Dupont, di cui condivido la conclusione: 
"La mitezza di cui parla la beatitudine non è altro che quell'
aspetto dell'umiltà che si manifesta nell'affabilità messa in
atto nei rapporti con il prossimo. Tale mitezza trova la sua
illustrazione e il suo perfet­to modello nella persona di Gesù,
mite e umile di cuore. In fondo, tale mitezza ci appare come una forma della carità, pa­ziente e delicatamente attenta nei riguardi altrui".
Comprendiamo allora perché Gesù promette ai miti il pos­sesso della terra. La rinuncia alla vendetta, infatti, la rinuncia al­la sopraffazione, alla prepotenza, fa trovare al cristiano, in ogni occasione, la via per aprire spazi alla misericordia della verità, alla costruzione di un nuovo volto della società.
Naturalmente, la mentalità evangelica della mitezza matura soltanto lentamen­te nel singolo cristiano e ancora più lentamente nell'esperienza dei popoli. Bisogna essere passati per molte prove, delusioni, amarezze, sconfitte, per capire che la violenza di ogni tipo, compresa quella morale e ideologica, è alla fine perdente.

Vi offro tre spunti di riflessione che vi permetteranno di co­gliere il messaggio permanente della parola di Gesù.

1. Con la beatitudine dei miti Gesù condanna chiaramente ogni forma di prepotenza. La prepotenza non paga. Quindi i prepotenti, che si ritengono felici in questo mondo, sono in realtà degli sventurati, perché il loro potere è logorato alla radi­ce
ed essi cadranno come un vaso di argilla che viene frantu­mato.

2. Il messaggio di Gesù promuove il coraggio della non vio­lenza. I Padri della Chiesa, che hanno commentato a lungo il brano evangelico delle beatitudini, vedono la mitezza proprio come la rinuncia alla violenza, alla vendetta, allo spirito
vendi­cativo.

3. È importante coltivare lo spirito di dolcezza, di mitezza, di ac­coglienza, di capacità di amicizia e di relazioni autentiche e vere.

(Card. Carlo Maria Martini)

Un incontro indimenticabile al Molina di Varese

Ci manca molto la sua umiltà', la sua parola e la sua comprensione! Per me e' stato un grande riferimento! Dopo la sua morte, come dice il mio amico Paolo De benedetti, Dio ha trovato una persona intelligente con cui dialogare e i risultati si stanno vedendo...Benedetto XVI ha fatto una scelta coraggiosa ed è' arrivato Francesco, che Martini aveva indicato già' nel Conclave precedente. Ora la chiesa può' recuperare i 200 anni di ritardo! Padre Martini noi ti preghiamo di non dimenticarci e di pregare per i poveri, gli sbandati, coloro che dicono di non credere in Dio, per i preti allontanati dalla Chiesa, per i separati, i divorziati, perché' anche di loro e' il Regno dei cieli
Carlo Maria ci manchi tanto, soprattutto qui nella Diocesi di Milano!

Maria, segno di benedizione



Nelle omelie e nelle preghiere del card. Martini non manca mai un accenno alla Madonna, chiedendo una sua intercessione.

Riporto una omelia, che è' un ottimo spunto di meditazione su Maria, segno di benedizione

Dalle “maledizioni” umane, alla  partecipazione della “benedizione” di Maria
In questa festa liturgica della Madonna ascoltiamo una pagina della Scrittura che è davvero impressionante.
Mi ha colpito perché in essa c’è, per la prima volta nella Bibbia, la parola della maledizione: Maledetto il serpente più di tutte le bestie selvatiche (Gn 3, 14).
La maledizione del serpente è simbolo della maledizione di tutte quelle cose che rovinano gli uomini.

Mi ha colpito perché penso
a quante altre volte la parola «maledizione» è stata, da allora, ripetuta,
a quante volte sono state lanciate nel mondo delle maledizioni gli uni contro gli altri,
a quante volte siamo giunti a maledire noi stessi e addirittura a maledire Dio.
A partire dal racconto che la Scrittura ci riporta,
il segno doloroso del peccato e della tristezza
è entrato nel mondo e, per così dire, ci perseguita.
Forse non arriviamo sempre a pronunciare quella parola
ma ci sono tante cose in noi, intorno a noi,
nella società che non vanno,
che noi non vogliamo e che suscitano in noi un moto di ribellione.
Ci ribelliamo contro noi stessi perché non siamo sempre ciò che vorremmo essere;
ci ribelliamo contro gli altri che riteniamo la causa di ciò che in noi non va;
ci ribelliamo anche contro Dio perché non sappiamo capire quanto Dio ci ama.

È, dunque, una parola terribile che si riproduce nella storia umana,
così come si riproduce il peccato.
È il peccato la vera causa di tutte le scontentezze, di tutte le tristezze,
di tutte le guerre, di tutte quelle cose che sono in realtà la maledizione dell’uomo.

Ed ecco che il Vangelo ci porta il ricordo delle parola contraria alla maledizione:
«Benedetta tu, benedetta tu tra le donne!» (Lc 1, 42).
Questa parola rivolta alla Madonna è simbolo del meglio di noi stessi.

Noi siamo chiamati non a maledire noi stessi e gli altri:
noi siamo chiamati in realtà a benedire Dio,
a benedire la vita, a benedire il futuro.
La Madonna è il simbolo di tutto questo,
è il simbolo di tutte quelle cose che noi vorremmo essere,
è il simbolo di quello che vorremmo che il mondo fosse,
che vorremmo che gli altri fossero, che vorremmo che fosse la società.

Pregando oggi la Madonna noi preghiamo, quindi,
col meglio di noi stessi, con tutto ciò che di bene c’è in noi.
Preghiamo perché questo bene si allarghi,
preghiamo perché ciò che in noi è magari soltanto uno spazio di luce
diventi più largo,
preghiamo perché ciò che in noi è uno spiraglio di serenità cresca.
Possiamo augurarci che la Madonna entri nella nostra vita con la sua benedizione
in modo da poter dire, in tutta verità:
benedetta sei, o Maria, tra tutte le donne!
Fammi partecipe della tua benedizione,
fa’ che anch’io senta quanto c’è in me
che può diventare parte della tua benedizione!
Carlo Maria Martini, Solennità dell’Immacolata Concezione


Beati i poveri in spirito



Beati i poveri in spirito
L’ascolto credente della Parola di Dio libera e unifica. Esso unisce tra loro quelli che ascoltano la stessa Parola, producendo esperienza di autentica comunicazione.
Dio richiede dall’uomo innanzitutto l’ascolto, l’accoglienza fiduciosa della sua Parola: la fede. È la prima risposta che l’uomo dà con tutto se stesso a Dio che parla, ricevendolo e accogliendolo come principio e norma per la sua esistenza.
Ci soffermeremo sul discorso della montagna. In particolare sulla prima beatitudine.
S. Matteo inizia il grande discorso della montagna (Mt.5-7) così:
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la Parola, li ammaestrava dicendo: Beati... ( Mt. 5, 1-2)
Questo brano delle “Beatitudini” lo abbiamo ascoltato molte volte, ma è conosciuto anche dai non cristiani, ad esempio, Gandhi lo citava spesso.
Le Beatitudini sono la proclamazione del modo di essere uomini evangelici, discepoli autentici di Gesù, uomini e donne fortunate e felici..
Diceva Ignazio Silone: "Se il cristianesimo viene spogliato delle sue cosiddette assurdità per renderlo gradito al mondo, e adatto all’esercizio del potere, cosa ne rimane? Voi sapete che la ragionevolezza, il buon senso, le virtù naturali esistevano già prima di Cristo e che si trovano anche ora presso molti non cristiani. Che cosa ci ha portato Cristo in più?
Appunto apparenti assurdità.  Ci ha detto: amate la povertà, amate gli umiliati e gli offesi, amate i vostri nemici, non preoccupatevi del potere, della carriera, degli onori, delle cose effimere, indegne di anime immortali."

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Vangelo di Matteo 5,3)

Lectio:
1. Beati i poveri in spirito
Il termine  “poveri”  usato in questa pagina del Vangelo indica coloro che non hanno nulla: i mendicanti, gli indigenti, i poveri nel senso materiale, coloro che chiedono l’elemosina, che fanno accattonaggio ...
Ma nel testo di Matteo la parola “poveri” è accompagnata da una qualificazione importante: “in spirito”.
Questa parola è stata tradotta in diversi modi nella varie traduzioni della Bibbia:  “Beati i poveri di cuore”, o “Beati coloro hanno un’anima da poveri” o ancora “”Beati coloro che scelgono di essere poveri”, o “ Beati quelli che sono poveri di fronte a Dio” ..
Tutte queste sfumature dicono che per capire bene il pensiero di Gesù, è necessario andare oltre il significato immediato dell’accattonaggio.
Gesù, in realtà, riprende la parola “povero” non nel senso fisico di indigenza bensì nei suoi valori interiori che troviamo già nell’Antico Testamento.
Dice il profeta Sofonia 82,3): Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra,  che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l’umiltà.
“Voi tutti poveri della terra” viene anche tradotto: voi tutti umili della terra.
I poveri e gli umili, per il profeta Sofonia,  sono coloro che hanno imparato a vivere sottomessi alla volontà di Dio, fiduciosi nella sua provvidenza, sapendo che Dio non li ha dimenticati.
Allora, per Matteo, “i poveri” sono coloro che non fanno affidamento sulle proprie forze, ma si affidano a Dio, perché certi di Lui, della sua bontà,  della sua potenza, della sua misericordia.
I poveri sono coloro che hanno messo in Dio ogni speranza.
2. Perché di essi è il Regno dei cieli.
I poveri in spirito avendo posto in Dio ogni speranza, sono disponibili alla buona notizia di Gesù, sono disponibili al suo Vangelo.
Chi possiede molto, chi è sicuro di sé, barricato nei suoi privilegi e in tutto ciò che ha e che è, teme sempre di essere disturbato, di vedere vacillare il trono che si è conquistato. Si chiude come un riccio, di fronte alla proposta nuova e coraggiosa del Vangelo di Gesù.
Chi invece ha imparato a non contare su se stesso, chi ha imparato a conoscere la fragilità umana e quella di tutte le realtà cui cerchiamo di aggrapparci, è aperto alla novità del Regno.
Il Regno è già suo in qualche modo, perché è disposto a riceverlo volentieri e con gioia, perché accoglie la Parola di Gesù come parola che rassicura, conforta, dona serenità e speranza.

Meditatio:

che cosa dice a noi questa parola? Il messaggio di questa prima beatitudine?
Per cogliere meglio il messaggio di questa prima Beatitudine possiamo ricordare altre parole che nel Vangelo, pur con termini diversi, designano coloro che sono “poveri in spirito”.
Infatti le grandi parole bibliche non sono mai definibili geometricamente o matematicamente, perché si riferiscono alle profondità del cuore, a tutta la ricchezza interiore che pervade il discorso biblico.
Ne possiamo ricordare tre.
1) Se non vi convertirete e non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli  (Mt. 18,2)
I bambini si fidano, sono semplici, si abbandonano in tutto ai genitori, si lasciano fare.    Così deve essere il nostro atteggiamento di fronte a Dio, per entrare nel Regno, per accoglierlo.
2) Ti ringrazio,Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli  (Mt. 11,25)
I piccoli sono i lattanti, gli infanti, cioè quelli che non sanno parlare.
Vuol dire che le cose di Dio non vengono rivelate a coloro che credono di sapere molto, di essere ricchi di cultura e di dottrina, di non aver bisogno di imparare alcunché da nessuno, ma, invece, sono rivelate a quelli che sanno di sapere poco e di dover imparare molto.
3)  Il Signore ha guardato all’umiltà della sua serva   ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili. (Lc. 1, 48. 52)
Coloro che pretendono di primeggiare, di spingere, di farsi largo schiacciando gli altri, non sono graditi a Dio.
Al contrario lo sono quelli che accettano umilmente la loro condizione, fidandosi di Dio, mettendosi nelle sue mani, sapendo che lui solo è immensamente più grande di qualsiasi persona.
Ecco allora il messaggio per noi: l’atteggiamento che il Signore ci chiede è l’atteggiamento che spalanca il nostro cuore al mistero di Dio, che ci rende semplici, non superbi, che ci fa capaci di affidamento, di abbandono, di attesa di Dio.
Per comprenderlo meglio dobbiamo guardare Maria nel momento dell’Annunciazione, dobbiamo pensare a Gesù mite e umile di cuore.
Allora impareremo  l’importanza di opporsi alla pretesa di sapere già tutto di Dio, di sé, degli altri.
Soltanto quando il cuore è umile, quando il cuore è consapevole di dover aspettare tutto da Dio, Dio viene incontro all’uomo.
L’atteggiamento che viene condannato dalle Beatitudini e da tutto il messaggio evangelico è quello di chi è sazio, appagato, contento solo di avere sempre più denaro, più potere, più divertimenti, più comodità, senza accorgersi di essere interiormente arido, nudo, privo di sentimenti profondi, privo di umanità, di fede, di speranza.

Contemplatio:
Contempliamo Gesù sulla croce, contempliamo il Figlio di Dio che si è fatto povero per noi, che si è dato in balia degli uomini, che si è consegnato a noi.

Actio

Che cosa diciamo noi al Signore?
1) Il povero di spirito è una figura di uomo affascinante: è l’uomo che ha capito che deve tutto a Dio; non si atteggia a padrone del mondo o degli altri, ma sa di dipendere da Dio ed è contento ...
2) Il povero di spirito è povero, ha bisogno degli altri, ma ha una sicurezza: Dio lo ama e ha stima di lui. Il povero di spirito, allora, è colui che chiede, domanda, ringrazia, nella consapevolezza che ciò che incontra è un dono; e se è messo da parte, sa che Dio non lo mette da parte mai.
l povero di spirito è sicuro che Dio è la radice della sua dignità che nessuno gli può togliere.
3) Il povero di spirito chiede , fa presente il suo bisogno con discrezione, non è petulante, non ha vergogna di essere aiutato e sa che le cose che riceve sono un dono. Se si sente amato da qualcuno, si meraviglia e riconosce che l’amore vero è gratuito. Chi pensa di avere diritto a tutto e di meritare tutto, non gusta mai la bellezza del dono e dell’amore.
4)  Il povero di spirito non è un violento, i violenti sono coloro che vogliono emergere.
5) Il povero di spirito dice sempre “grazie” a Dio, alle persone, quasi stupito che simili doni possono capitare proprio a lui.
Qualche domanda:
E’ nostro compito diventare persone così, come Gesù
* Persone contente di dipendere da Dio, di affidarsi a Dio sempre
* Persone che spalancano il proprio cuore, che si rendono disponibili  al mistero di Dio
* Persone che sanno dire sempre grazie a Dio

Preghiera.
Preghiamo facendoci poveri, mendicanti della grazia di Dio, del suo perdono, del suo Regno, della sua misericordia:
Grazie Signore, perché ci hai fatto partecipare un poco alla beatitudine dei poveri in spirito e quindi alla promessa del tuo Regno.
Carlo Maria Martini