mercoledì 26 settembre 2012

Nella foto il Cardinale Carlo Maria Martini, con don Luigi Milani, visita l’Eremo di Santa Caterina del Sassoballaro in ristrutturazione; in seconda posizione l’indimenticabile Padre domenicano Angelo Maria Caccin.

lunedì 24 settembre 2012

Il cardinal Martini sulle rive del Lago Maggiore

Curiosa foto del cardinal Martini, ripreso in riva al Lago Maggiore, accompagnato da don Luigi Milani, allora parroco di Leggiuno.
La presenza dei canottieri sulle loro imbarcazioni da un sapore biblico a questa foto del ricordo, non vi pare?


sabato 22 settembre 2012

Martini consacra l'altare di Schianno


Visita del card. Martini a Schianno, Varese, per la consacrazione dell'altare della chiesa di san Giorgio, 6 settembre 1998.

Nella foto gentilmente offerta da Zanzi Giuliano e Roberta, alla destra del Cardinale vediamo don Francesco Pelizzola e don Piero Allevi,alla sinistra don Adriano.

venerdì 31 agosto 2012

Per me Martini è un padre della chiesa e un padre nella fede. Svelata la sigla cmmddc

Carissimi lettori di questo blog.
Il giorno che si conclude ci ha portato la notizia amara della morte del cardinal Carlo Maria Martini.
Mons. Luigi Mistò l'ha commentata dicendo: "Abbiamo la sua eredità".
È vero, è un'eredità grandissima e a noi tocca non perderla, non dimenticarla ma coltivare la lettura dei suoi scritti, meditare le sue analisi bibliche e nutrirci di tanti suoi pensieri illuminanti.

Oggi è il giorno propizio per dire a tutti che per me il card. Carlo Maria Martini è stato un padre della chiesa e un padre nella fede.
Questo è il motivo della sigla che avevo scelto qualche anno fa come titolo di questo blog: cmmddc ovvero "Carlo Maria Martini, Dottore della Chiesa".
Ne sono convinto, ho conosciuto tutto il suo magistero, 11 anni da seminarista e 11 da prete.
Per me è stato semplicemte "il" vescovo, colui che mi ha ordinato prete, ma soprattutto colui che nel suo percorso di insegnamento ha saputo diffondere la parola di Dio come forse prima di lui aveva potuto fare solo san Gerolamo.
Da studioso a pastore, lo sento una figura della portata dei nostri grandi padri della chiesa di occidente, come san Agostino che da studioso è diventato pastore e come sant'Ambrogio di cui è stato successore sulla stessa cattedra episcopale.
E se oggi non posso compararlo con papa san Gregorio Magno, è solo perchè in conclave è andato con il bastone...

Amici e lettori di questo blog... da oggi ancora più necessario.
Aiutiamoci a mantenere viva la sua memoria.
Segnalate testi, frasi, video foto e li pubblicheremo perchè non sia dimenticato il loro valore.

Don Ambrogio Cortesi

Martini è defunto: il ricordo di un parroco

Come ogni venerdì alle tre i lenti rintocchi del campanone hanno ricordato a tutti,praticanti e non praticanti che Gesu’ è morto per salvarci. A messa diciamo “annunciamo la tua morte ,proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta”. Il campanone,un’ora e mezza dopo, ha ripreso a suonare, a lungo,per dirci che una persona eccezionale che viveva nell’attesa del ritorno del Signore ci aveva lasciato.Sul calendario murale appeso al bar dell’oratorio la frase evangelica di oggi 31 agosto,giorno della morte del nostro caro card.Martini diceva proprio: ”uscirono incontro allo sposo…” Avrebbe voluto morire a Gerusalemme,come Gesú, invece Gesu’ è venuto ad accoglierlo, a prenderlo tra di noi. La foto di Martini che Vi ho mandato quindici giorni fa aveva suscitato ricordi personali e tanta commozione. Don Luigi Milani, Schianno (Varese)

sabato 18 agosto 2012

Attuali condizioni di salute del Cardinal Martini

Domenica 12 agosto scorso il Decano di Azzate, don Angelo Cavalleri, al termine della s.Messa celebrata a Schianno alle 8.30 ha fatto dono a tutti i presenti della sua testimonianza dopo la visita che aveva effettuato al card.Martini nei giorni precedenti.
Ho vissuto un’esperienza molto bella, indimenticabile e non posso tenerla per me. Il “Maestro della Parola” che tanto ha parlato e tanto ha scritto, ora non riesce piu’ né a parlare né a scrivere, ma è sereno e fa capire bene il suo pensiero: è in attesa di incontrare Colui che ha desiderato per tutta la vita.
A differenza del Papa Giovanni Paolo II che quando non riusciva a parlare per la sua avanzata malattia si indispettiva, Martini è dolcemente rassegnato.
Ha chiesto che celebrassi la Messa a cui lui ha concelebrato. Ha voluto la predica dopo il Vangelo, io ero molto emozionato di dover predicare davanti a lui. Alla Consacrazione si è fatto sorreggere per stare in piedi. Alla fine ci ha benedetti e ha fatto capire di portare la benedizione ai fedeli”.

venerdì 10 agosto 2012

Martini sulla collegialità nella Chiesa

La collegialità episcopale è un principio di fede, cioè della coscienza credente: tra le sue forme pratiche di attuazione spiccano il Sinodo dei Vescovi e le Conferenze Episcopali.
Evidentemente la collegialità episcopale è più originaria e più vasta di ogni sua istituzionalizzazione pratica; tuttavia anche queste sono da ricercare e non si possono sottovalutare perché in esse si realizza, diventando effettiva, oltre che affettiva, la collegialità episcopale.
(...)
Siamo sicuri di interpretare l'intentio profundior del Concilio, che ha proposto la collegialità episcopale come un fondamentale adempimento per la Chiesa d'oggi.

Da un intervento del 1992

giovedì 5 aprile 2012

I fondamenti della nostra comunione: Omelia nella Messa crismale del Giovedì Santo 2002


Milano, 28 marzo 2002

Mi lascio ispirare per questa omelia da quanto diceva il card. Giovanni Colombo -di cui ricordiamo quest'anno il centenario della nascita e il decennio della morte - nell'omelia della Messa Crismale del 1979, dal titolo "Verifica di comunione": "Celebrare la messa crismale comporta per il presbiterio e per il popolo di Dio il proposito di verificare la realtà vissuta della nostra comunione: se tutti camminiamo con lo stesso passo, se la giusta libertà dei figli di Dio non venga in noi insidiata da principi di anarchia e di aberranza…" E aggiungeva: "E' giusto - nella luce di questa revisione di vita - ravvivare la gioia della comunione fra noi; comunione che già c'è, ampia e salda, di una saldezza e di un'ampiezza che molte Chiese ci riconoscono. È giusto anche ringraziarne il Padre celeste " (Voce e storia della Chiesa ambrosiana, 3, 1983, p. 90).
Desidero anch'io ringraziare Dio per questa comunione, soprattutto per l'intenso cammino fatto a partire dalla messa crismale di due anni fa con l'iniziativa "Li mandò a due a due", che troverà oggi un momento culminante nella consegna da parte di ogni decanato della carta di comunione di intenti. Anche l'ultimo Consiglio presbiterale del 4-5 marzo scorso sullo stato della Diocesi e le caratteristiche di un nuovo pastore ha espresso la volontà di proseguire un cammino di comunione per divenire sempre più un presbiterio.
Io vorrei in questo omelia riflettere ulteriormente sui fondamenti di questa comunione, lasciandomi ispirare da un'altra parola del mio venerato predecessore, che scriveva nel 1965: " Se il Vaticano II non avesse dato altro frutto che la Costituzione De Sacra Liturgia, questo da solo basterebbe a renderlo immortale nella storia della Chiesa, vale a dire nella drammatica storia della salvezza delle anime " (Voce e storia…, 2, 1976, p.34).

mercoledì 7 marzo 2012

Silenzio: tendere l'orecchio per percepire qualcosa della voce del Padre

Tra le molte cose che si possono dire sulla maniera in cui è vissuta oggi la dimensione contemplativa dell’esistenza, viene in mente la disabitudine alla pratica della preghiera e alle pause contemplative. In questo la nostra civiltà occidentale si distingue nettamente dalle civiltà dell’Oriente, dove sono in onore la pratica e le tecniche contemplative e il gusto per la riflessione profonda.
Forse la gente prega e riflette più di quanto non sappia o non dica. Si tratta di aiutarla a dare un nome più preciso, un indirizzo più costante, a certe impennate del cuore che, più o meno intensamente, sono presenti nella storia di ognuno. L’esodo massiccio dalle città nei periodi di vacanza e nei fine settimana esprime in fondo anche questo desiderio di ritorno alle radici contemplative della vita.

giovedì 1 marzo 2012

Penetrare nel mistero del "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"

Tutto il racconto della passione è pieno di enigmi, di oscurità; è come un cielo in tempesta, con tuoni, lampi, fulmini che spaventano. Ma la parola per me più drammatica è quella che conclude il racconto evangelico, quando Gesù grida con vece forte: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34). Ogni volta che la risentiamo, siamo presi da un brivido, perché, tolta dal contesto, potrebbe sembrare l'invocazione di un disperato, di uno che ha perso la fede, che è stato travolto dalle vicende avverse.
Eppure è proprio ascoltando questa parola che il centurione esclama: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!". Ovviamente l'evangelista legge in quel grido di Gesù la fedeltà di Dio.

sabato 18 febbraio 2012

L'esercizio dell'autorità del Vescovo: rischi e suggerimenti secondo il card. Martini

Nel suo recente libro su "Il vescovo" il card. Carlo Maria Martini prende in considerazione il delicato tema dell'autorità della chiesa. Presento due cammei intriganti con le due facce opposte dell'autorità: quella rigida e incapace di ascoltare e quella ispirata alla Parola di Dio e alla considerazione della persona umana.

Alcuni difetti portano grande danno al servizio del vescovo: l'autoritarismo e la rigidità. Autoritario è quel vescovo che in nessun caso ammette il dialogo né ascolta i suoi consiglieri, ma fa tutto quello che gli viene in mente non accettando nessun consiglio (pur magari vendono chiesto). In tal modo rompe i legami che già si erano creati con il suo successore e si sente non solo vescovo, ma papà e re della sua diocesi. Se poi è di temperamento collerico, allora non risparmia nessuno con le sue esternazioni. (35-36)

Il governare nella Chiesa va esercitato su uomini liberi, che sono però capaci di lasciarsi ispirare dall'amore. Una tale autorità non comprime le coscienze ma le fa crescere facendole conformare al modello della Trinità.
È a questo punto che mi sentirei di menzionare brevemente alcune caratteristiche dell'uso dell'autorità nella chiesa che mi sembrano particolarmente importanti per il nostro tempo. Indicherei le tre seguenti: il rispetto della persona, della sua autonomia e della sua intelligenza. A questo proposito sono sempre meno coloro che accettano di lasciarsi gare ciecamente dalla pura autorità, anche se non mancano rigurgiti di fondamentalismo fanatico. Mi pare però che venga d ai numero sempre crescente di persone, anche nel cristianesimo, il desiderio di capire, di comprendere, le ragioni di quanto chiede l'autorità.
L'attenzione alla singolarità della persona, alla sua irripetibilità e incomparabilità e alla sua debolezza, hanno effetti molto più duraturi anche davanti a richieste esigenti. Molti hanno bisogno di essere capiti e amati prima di essere guidati con comandi e precetti. Nel contempo si sente oggi un grande bisogno di sicurezza, di appoggio e di forza ispiratrice. Per questo mi pare che la Parola di Dio ispirata e ispirante abbia un grande rilievo nell'odierno esercizio dell'autorità nella chiesa. (49-50)

giovedì 16 febbraio 2012

Mutui rapporti tra i vescovi e i religiosi, con postilla sui movimenti

Sorprende per realismo e schiettezza l'ultimo libro scritto dal Card. Carlo Maria Martini ("il vescovo", pp. 71-73, Rosemberg & Seller, dicembre 2011).
Riporto come esempio tre ficcanti pensieri a proposito delle congregazioni religiose. Il primo di essi amplia la notazione critica anche ai movimenti laicali cattolici.

"Si tratta di relazioni mutue, che quindi richiedono disponibilità da ambo le parti. E ciò anzitutto perché i religiosi, in particolare gli ordini religiosi e le congregazioni maschili, si sentono giuridicamente "esenti" dall'autorità del vescovo e quindi in grado di lanciare iniziative che possono collidere con il programma pastorale della diocesi. (...)
Lo stesso si deve dire anche dei movimenti, con la differenza che spesso i religiosi sono più obbedienti mentre i movimenti sfuggono a un rapporto speciale col vescovo. I movimenti, a cui accenno qui brevemente, sono per lo più un falso nome che viene dato a gruppi organizzati sotto una autorità molto esigente e quasi dispotica.
...
Come seconda cosa direi che tutti i religiosi, pur con le diversità che li caratterizzano, sono chiamati alla testimonianza del Vangelo della misericordia. È ciò che li qualifica come veri religiosi, non un imputazione puramente esteriore di un titolo o di un abito. Ne segue che non tutti coloro che si fanno chiamare religiosi sono veramente tali. Ricordo che la prima volta che incontrai (da vescovo n.d.r.) la rappresentanza dei religiosi, tutti gli interventi furono su questioni i rivendicazioni canoniche e su problemi giuridici. Alla fine dissi: "Dal vostro parlare non ho recepito niente di ciò che costituisce la sostanza della vita consacrata".

Terzo: non bisogna pensare che la pastorale diocesana parta solo dalla curia. Ogni iniziativa che abbia l'approvazione del vescovo è "diocesana". Il vescovo e il vicario generale devono avere una visione di Chiesa ampia e capace di integrare tutti".